“Lo dicono tutti da sempre” verità o negazione?

“In fondo non c’è in quello che dici qualcosa che pensi, sei solo la copia di mille riassunti”
…cantava Samuele Bersani qualche anno fa.
Lavorando quotidianamente a contatto con professionisti dell’interpretazione, della traduzione e dell’insegnamento ci si chiede spesso, in effetti, quanto di ciò che diciamo e pensiamo sia davvero nostro e quanto invece dipenda da ciò che ci circonda, dall’ambiente e dalle informazioni ai quali siamo stati esposti.
- Perché ogni interprete usa termini diversi?
- Perché ogni traduttore costruisce le frasi in modo unico?
- Perché ogni studente apprende e si esprime usando schemi e ragionamenti complessi che non funzionano universalmente?
- In altre parole, quanto di ciò che siamo e diciamo è davvero originale, proprio al nostro essere, e quanto è una ripetizione, un riassunto, un’imitazione?
Intendo qui focalizzarmi su un tema ancora più specifico, benché saldamente ancorato alla questione: il ruolo delle idées reçues. Letteralmente “idee ricevute”, in italiano le chiamiamo con tanti nomi diversi: luoghi comuni (lieux communs, clichés), stereotipi (stéréotypes), pregiudizi (préjugés). Recentemente si parla anche di leggenda urbana (légende urbaine).
Ma nessuna di queste traduzioni restituisce con la stessa immediatezza e con la stessa stratificazione di significati la forza del termine francese, quel sentimento di aver ricevuto in dono delle idee, ormai radicate nelle nostre convinzioni, senza mai averle chieste e senza spesso saperne identificare la fonte o persino la validità.
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Sono idee largamente diffuse, conosciute e condivise, sulle quali non ci si interroga perché “lo dicono tutti da sempre”. Di solito si tratta di risposte semplici ad argomenti complessi, di toppe rappezzate su dubbi dolorosi che cerchiamo di soffocare con la buona frase di circostanza. Le idées reçues sanno essere amusantes, divertenti, ci fanno sorridere e si fanno quindi ricordare con facilità.
Le idée reçues sono, per loro stessa natura, fausses, false, vanno contro la verità e contro la logica. Eppure, sono così pervicacemente avvinte alla nostra cultura, sia individuale sia collettiva, che non riusciamo a liberarcene e rifiutiamo (anche inconsciamente) di combatterle.
Descartes, all’inizio dalla Première Méditation, scrive: « Il y a déjà quelque temps que je me suis aperçu que, dès mes premières années, j’avais reçu quantité de fausses opinions pour véritables , et que ce que j’ai depuis fondé sur des principes si mal assurés, ne saurait être que fort douteux et incertain ; et dès lors j’ai bien jugé qu’il me fallait entreprendre sérieusement une fois dans ma vie de me défaire de toutes les opinions que j’avais reçues auparavant en ma créance, et commencer tout de nouveau dès les fondements… »
(Già da qualche tempo mi sono accorto che, fin dai miei primi anni, avevo accolto come vere una quantità di false opinioni, onde ciò che in appresso ho fondato sopra principi così mal sicuri, non poteva essere che assai dubbio ed incerto; di guisa che m’era d’uopo prendere seriamente una volta in vita mia a disfarmi di tutte le opinioni ricevute fino allora in mia credenza, per cominciare tutto di nuovo dalle fondamenta…).
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Flaubert ha lavorato per gran parte della sua vita su un’opera, poi rimasta incompiuta, dal titolo Dictionnaire des idées reçues, o Catalogue des opinions Chic. Le definizioni all’infinito, usate come una sorta di imperativo implicito, contribuiscono all’ironia del testo. Un esempio: “Académie française. La dénigrer, mais tâcher d’en faire partie si on peut.” (lett. ACCADEMIA FRANCESE. Denigrarla, ma cercare a tutti i costi di entrare a farne parte).
Così catalogate, al lettore appaiono in tutta la loro assurdità e valenza paradossale. Tuttavia, esse ci rassicurano. Le situazioni che ci troviamo ad affrontare quotidianamente possono risultare più o meno complesse e portano con sé vari livelli di incertitude, incertezza.
Per poterci adattare, laddove non capiamo la causa di ciò che accade, abbiamo bisogno di un senso. Ci affidiamo allora alle nostre care idées reçues, che ci vengono in soccorso fornendo spiegazioni prive di fondamento e validità scientifica, ma così solide! Così condivise e condivisibili!
- Quali sono le conseguenze?
- Come possiamo combattere questo nemico invisibile?
La risposta più sincera è che, anche se potessimo, non vorremmo. Si costruiscono e crescono autonomamente, le nutriamo in modo inconscio. Sono ancorate nella nostra cultura, e se da un lato rigettiamo quelle alle quali siamo emotivamente allergici, dall’altra diamo completo credito a tutte quelle idées reçues che confermano le nostre credenze, naturalmente attirati dal senso di conferma.
Combatterle farebbe pensare che siano davvero tutte false… e se fosse anche questa un’idée reçue? Sicuramente esistono sempre, di partenza, fatti osservati e verificati, semplicemente è pericoloso generalizzare.
In positivo, favoriscono l’homogénéité, l’omogeneità dei gruppi sociali, e un generale senso di appartenenza a una cultura. Sono da combattere solo quando causano comportamenti nefasti, stigmatizzazioni e attacchi verso categorie di persone e di comportamenti e ineguaglianza di diritto nella società. Inoltre, a un’epoca nella quale abbiamo accesso a una quantità di informazioni potenzialmente illimitata, risulta fondamentale allenare il nostro senso critico.
Proviamo, come piccolo esercizio quotidiano, a scovare le nostre piccole grandi idées reçues, e magari ad analizzarle più in profondità, mettendoci in discussione.
Bonne chasse!
Di Elisa Magrini
Docente di Interpretazione Francese SSML Ancona
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